BRUCE SPRINGSTEEN : SCELGO KERRY

"Gli artisti e i musicisti occupano un posto particolare nella vita sociale e politica di una nazione. Nel corso degli anni ho cercato di riflettere attentamente su ciò che significa essere americani: sulla specifica identità e sulla posizione che rivestiamo nel mondo, su come questa posizione può essere usata nel modo migliore. Ho cercato di scrivere canzoni che pungolassero il nostro orgoglio e criticassero le nostre mancanze.
Sono queste le domande al cuore delle prossime elezioni: chi siamo, cosa rappresentiamo, perché combattiamo?
Personalmente, negli ultimi 25 anni, ho preferito tenermi sempre lontano dai militanti politici. Tuttavia, io stesso sono stato di parte quando si è trattato di sostenere certi ideali: giustizia economica, diritti civili, una politica estera più umana, libertà e condizioni di vita dignitose per tutti i cittadini. Quest’anno, tuttavia, per molti di noi, la posta in gioco si è fatta troppo alta per limitarsi ad attendere l’esito delle elezioni senza partecipare.

Attraverso il mio lavoro ho sempre cercato di porre domande scomode. Perché la nazione più ricca del mondo trova così difficile mantenere le promesse fatte ai suoi cittadini più deboli? Perché ci riesce così arduo guardare oltre il velo del pregiudizio razziale? In che modo dobbiamo comportarci nei momenti di difficoltà, senza distruggere ciò che amiamo? Perché il mantenimento delle promesse che facciamo come popolo ci appare ogni volta facile, e tuttavia si rivela nei fatti così complesso?

Non credo che John Kerry e John Edwards abbiano tutte le risposte. Credo però che abbiano un interesse sincero nel porre le domande giuste e nel cercare una soluzione onesta. Capiscono che abbiamo bisogno di un’amministrazione che dia priorità all’equità, alla curiosità, alla chiarezza, all’umiltà, all’interesse per tutti i cittadini americani, al coraggio e alla fiducia. La gente ha concetti diversi circa questi valori e li vive in modi diversi. Ho cercato di parlare di alcuni di essi nelle mie canzoni. Ma ho anche la mia opinione sul loro significato. Questa è la ragione per cui ho deciso di fare una tournée in tutto il Paese, nel prossimo ottobre, assieme ad altri artisti come la Dave Matthews Band, i Pearl Jam, i REM, i Dixie Chicks, i Jurassic 5, James Taylor e gli Jackson Browne. Ci esibiremo con il nome di un nuovo gruppo, "Vota per il Cambiamento". Il nostro scopo è quello di cambiare, a novembre, la direzione del governo e l’attuale amministrazione.

Come molti altri, subito dopo l’11 settembre, ho sentito il Paese unito. Non ricordo niente di simile. Ho appoggiato la decisione di entrare in Afghanistan e ho sperato che la gravità dei tempi avrebbe generato nei nostri leader forza, umiltà e saggezza. Invece, ci siamo buttati a capofitto in una inutile guerra in Iraq, offrendo in sacrificio le vite dei nostri giovani in circostanze che oggi appaiono ingiustificate. Abbiamo un disavanzo pubblico crescente e, allo stesso tempo, sono stati tagliati e ridotti al minimo servizi sociali come il doposcuola. Sono stati concessi tagli fiscali ai più ricchi (manager aziendali, celebri chitarristi), aumentando così il divario economico che minaccia di distruggere il nostro contratto sociale e di annullare la promessa di "una nazione indivisibile". È grazie all’onesto esercizio delle migliori qualità umane – il rispetto per gli altri, l’onestà verso noi stessi, la fede nei nostri ideali – che ci rendiamo degni agli occhi di Dio. È così che la nostra anima, sia come nazione che come individui, si manifesta. Il governo americano si è allontanato troppo dai nostri valori. È ora di riprendere il cammino. Il Paese che abbiamo nel cuore sta aspettando.

Copyright New York Times – La Repubblica
(traduzione di Antonella Cesarini)

Nella foto Bruce Springsteen & the E street Band, durante il penultimo concerto italiano, allo Stadio Artemio Franchi di Firenze, l’8 giugno 2003.