Tre volte Peter Hammill, tre volte sold out, tre volte un’emozione unica.
Ecco come racconta per noi il concerto di Sabato a Roma Giancarlo De Chirico di Xtm.it
"C’è un’atmosfera particolare, estremamente attenta e raccolta, fra quanti aspettano in sala l’inizio del concerto di Peter Hammill, vocalist dei Van Der Graaf Generator, che questa sera torna a Roma in versione solista, a due anni di distanza dal concerto con il suo gruppo. La liricità estrema ed il talento di questo musicista hanno trovato soprattutto in Italia un terreno fertile fra i molti appassionati di rock progressivo d’autore, fra quanti non si accontentano delle banalità del brit pop, desiderosi di andare oltre quei prodotti musicali ben confezionati ma distanti. Nella vocalità ora delicata ora forte e struggente di Peter Hammill, in quelle canzoni che mettono in musica drammi esistenziali, separazioni e conflitti, si riconosce un’intera generazione che, nonostante l’incedere del tempo, non lo ha dimenticato. Sono circa quattrocento infatti gli spettatori che riempiono lo spazio del Teatro Studio e che avvertono subito un sobbalzo nel petto quando Peter Hammill si siede al pianoforte ed esegue “My Room”, uno dei suoi brani più vecchi, fra i primi del periodo post-Van Der Graaf Generator. “How Could You Let It Happen?” grida Peter “come hai potuto farlo succedere?”“A Better Time” e di altre vecchie canzoni, tutte bellissime, che raccontano di tante storie naufragate nell’impossibilità di affrontare il rischio, la vertigine di un amore vero “still I offer you my tenderness”, comunque ti offro la mia tenerezza. Siete a conoscenza di qualcuno o qualcosa di meglio? Poesia in musica, per pianoforte e voce, all’insegna di un lirismo romantico che risalta ancora di più non appena lo mettiamo in confronto con la vuota superficialità dei nostri tempi. Una “prèmiere” per il pubblico romano, una canzone che sarà inserita nel nuovo album di prossima uscita, e che esegue questa sera per la prima volta in assoluto. Si tratta di un brano dedicato alla madre, partita per il suo ultimo viaggio, quello che dobbiamo affrontare da soli, e ogni nota è una carezza, ogni vocalizzo un atto d’amore. Poco dopo Peter Hammill passa alla chitarra acustica e, mentre sorseggia un po’ d’acqua minerale, si rivolge sorridente al suo pubblico “Sono finiti i giorni della tequila!” Per quanti non lo sapessero Peter è reduce da un infarto, adesso si è ripreso bene, ma deve stare attento a non stancarsi troppo e seguire certe precauzioni nel mangiare e nel bere. Questa sera però non si risparmia, ecco le note di “The Birds”, quegli uccelli che non sanno che direzione prendere, che non sanno più per chi e per che cosa cantare, sono un po’ come il protagonista della canzone, raggelato dalla fine di un amore. E ancora “Driven”, “Time For A Change” e la bellissima complessa articolata “Patient”, una meraviglia per chitarra acustica e voce che sembrava invece eseguita da un’orchestra. Dopo Peter torna di nuovo al piano, esegue “The Unconscious Life” e poi inaspettata, bellissima, arriva anche “A Way Out”, una delle perle della sua ultima produzione, la canzone di un uomo che si sente a disagio in questa società, superato, fuori moda, relegato ai margini, fuori da tutto, e che spera di trovare almeno nell’ amore una possibilità di riscatto “I wish I’d say I love you”, senza però riuscirci. Un concerto d’altri tempi, una musicalità sincera e forte, un lirismo appassionato che picchia sui tasti di quel pianoforte neanche fosse un martello, che mira diritto al cuore e scava all’interno della sfera più intima di ciascuno di noi. "
Questa invece la scaletta di Domenica a Milano:
My Room
Curtains
A Better Time
Mean While
Gone Ahead
Amnesiac
Ophelia
Last Frame
Driven
If I could
Modern
4 Pails
Labour Of Love
Unrehearded
Fawly X
Stranger Still