C’è un limite a tutto e alcune vicende recenti successe nella città di Milano inducono a pensare che qualcuno voglia a tutti i costi oltrepassare questo limite. Mi sto riferendo al florilegio di comunicati stampa, dichiarazioni, affermazioni, studi (ma quanto si studia e quanto si sonda in Italia?) contestazioni che, come per magia e per pura coincidenza…(ma chi ci crede alle coincidenze?), esplodono con tempestività clinica, ….come un fastidioso raffreddore il giorno della partenza per le vacanze, nei giorni precedenti alla effettuazione dei pochi concerti estivi allo stadio di San Siro, quest’anno quelli di Zero, Rossi e RHCP.
Poco importa che i concerti allo stadio rappresentino una realtà sociale ed economica rilevante, che economicamente non pesa in nessuna maniera alla collettività ma che anzi paga tutto e tutti: innanzitutto e soprattutto lo Stato con il versamento dell’IRAP, dell’IRPEG e con in aggiunta i costi indotti (professionisti, dipendenti) per gestire i conti dell’IVA e delle ritenute d’acconto; poi la Siae per i diritti d’autore.
Ancor meno interessa che i concerti garantiscano occupazione a migliaia di persone, che creino fatturato, per esempio, ai media e al turismo in genere ma soprattutto alla città di Milano per quanto riguarda tutti i servizi accessori, che portano lavoro e denaro ad alberghi, ristoranti, trasporti privati, a tutto il personale locale che fa capo a cooperative che operano a Milano, a imprenditori milanesi che forniscono servizi proprio in occasione dei concerti in città.
Ancor meno importa che i concerti soddisfino i desideri di tante persone che attraverso le canzoni dei loro beniamini meglio sognano, più amano, lavorano,vivono, sperano e magari emulano esprimendo la propria personalità.
Ciò che importa è salvaguardare San Siro per lo sport che da sempre simbolo nazionale,"religione di stato", è anche chiaramente il grande malato del paese: il calcio.
Il calcio che i giornali, sportivi e non, e la televisione mostrano quotidianamente come quello delle scommesse, delle combine, dei bilanci disastrati, delle motociclette buttate dal terzo anello, del decreto spalma-debiti, delle violenze verbali quando non fisiche fra le "tifoserie", delle partite interrotte con una telefonata del presidente della Federcalcio all’arbitro, delle regole cambiate in corso d’opera, dei ripescaggi di comodo, dei Carraro e dei Capello, dei supersalari per le star e delle morti sospette, della creatina e del giudice Guariniello .
Il calcio delle partite notturne d’inverno e pomeridiane d’estate perchè la televisione… ha le sue esigenze…mentre il pubblico allo stadio??
Il calcio della mancanza di una politica diffusa e seria che dia futuro ai giovani; della mancanza della gioia e della semplice passione di giocare a calcio come quella che anima chi partecipa ad un concerto; il calcio che insegna ad essere furbi non giusti, il calcio dei tuffatori e dei cascatori.
Il calcio che tanto amo, nonostante tutto, sport preferito da me e dai miei figli, ma che non è più di esempio, non è più centrale nell’economia dell’entertainment, non è più sincero e che invece è sempre più arrogante e potente.
Così arrogante da mettere in bocca ad un funzionario di una delle due squadre beneficiate dal Comune della concessione per 30 anni a condizioni più che di mercato, di un bene pubblico pagato dai cittadini e non da loro, l’infelice espressione che di concerti bisogna farne pochi perchè la musica non è il loro "core business"……
Come se una compagnia teatrale, una delle tante che Milano lascia languire nell’indifferenza e nell’assenza totale di una politica culturale, avesse in gestione una struttura pubblica – che so, il futuro Teatro Lirico – e ci facesse solo e sempre lo stesso spettacolo della stessa compagnia nonostante il teatro manifestamente abbia un peso specifico e soddisfi delle esigenze varie e colorate.
Bene: è ora di far sentire la propria voce e, metaforicamente ma neanche troppo, "cantare a squarciagola" che lo stadio di San Siro fino a quando sarà una struttura pubblica non può essere solo destinato alle partite delle due squadre milanesi, ma è lo spazio che il popolo transgenerazionale, multirazziale, colorato e corretto della musica (che bello vedere le stesse facce a diciotto anni di differenza a vedere il Boss in concerto) ama di più e questo popolo ha gli stessi diritti degli amanti del football e non può essere avvilito e umiliato da nessun funzionario dell’Inter o del Milan, nè dall’assessore di turno in cerca di visibilità, nè dall’architetto che improvvisamente scopre l’esistenza dell’acqua calda.
C’è un limite e non è solo quello dei decibel che comunque noi rispettiamo, è il limite della decenza dell’informazione, del rispetto del lavoro, del sudore, dell’arte,della gioia e del bisogno e questo limite è stato in questi giorni ampiamente superato.
Claudio Trotta (titolare della Barley Arts, organizzatore, promoter e produttore di concerti dal vivo)